Percorso di transizione di genere: esame da superare o percorso cucito addosso?

In Italia, per poter accedere ai diversi passaggi del percorso di transizione medicalizzato, c’è bisogno di una valutazione medica, al fine di ottenere il nullaosta per la terapia ormonale e la relazione per richiedere la sentenza dellə giudice per la rettifica dei documenti e le operazioni chirurgiche. È facile intuire perché per molte persone i colloqui con lə professionistə vengano visti come un esame da superare, durante il quale apparire il più convintə possibile in modo da scongiurare una risposta negativa o accorciare il più possibile i tempi. Se poi aggiungiamo che, fino a tempi relativamente recenti, l’approccio dellə professionistə era finalizzato a scongiurare lo spauracchio del pentimento e che un segno di convinzione era quello di volere il percorso “completo” (terapia ormonale+rettifica dei documenti+operazioni chirurgiche anche ai genitali), capiamo quanto sia stato facile portare le persone a credere che sia necessario ripetere il copione nel modo più convincente possibile.

Negli ultimi anni, l’atteggiamento dellə professionistə è molto cambiato, passando dall’essere “gatekeeper” ad accompagnatorə in un percorso sempre più personalizzato. Questo cambio di rotta porta a una serie di vantaggi.
Anzitutto, è scientificamente più accurato. Non esistono solamente identità di genere binarie, e concepire il percorso come individualizzato, da cucire sulla base delle esigenze della persona, è più rispettoso delle -potenzialmente infinite- identità non binarie.
In secondo luogo, si cerca di rispettare il più possibile l’autodeterminazione della persona: lə professionista è l’espertə della mente e dei tipi di percorsi possibili, lə paziente è l’espertə di sé stessə.
Altro aspetto da non sottovalutare è la possibilità di creare una alleanza tra clinicə e paziente che permette, quando necessario, di fare un lavoro di esplorazione e sostegno più strutturato del semplice monitoraggio richiesto durante la terapia ormonale.

Purtroppo la legge italiana non permette una completa costumizzazione del percorso medicalizzato, (ad esempio, non è possibile effettuare la ricostruzione del torace maschile senza prima un anno di terapia ormonale), né, di conseguenza, la piena autodeterminazione della persona trans. Dei passi avanti negli ultimi anni sono stati fatti, ma c’è ancora molto da fare.

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